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Venerdì 11 marzo alle 17.30 saremo in piazza perché, come compagne e compagni, da sempre siamo impegnati nel denunciare e combattere la tendenza alla guerra come fattore congenito di questo modello di sviluppo, che produce crisi, devastazione ambientale e che è sempre ricorso alla guerra per saccheggiare risorse, assoggettare popoli e ingrassare affari e capitali. Saremo in piazza per opporci alle politiche di guerra del nostro governo e delle forze politiche che lo appoggiano: noi non ci arruoliamo! Ogni euro speso per la guerra, è un euro tolto dalle nostre tasche!
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CONTRO TUTTE LE GUERRE IMPERIALISTE!
LA GUERRA, FUORI E DENTRO L’UCRAINA.
La guerra rappresenta da sempre uno dei terreni di ripresa economica e consolidamento politico, nel tentativo di superare la pesante crisi strutturale su cui si sta avvitando il sistema capitalistico.
La tendenza alla guerra dei paesi aderenti alla NATO viene da lontano e infatti tutti i governi italiani, che si sono succeduti nel corso degli anni, hanno sempre incrementato le spese militari evidenziando la sempre più stringente necessità di armarsi, importare ed esportare armi. I contesti di tensione e di guerra vera e propria non sono mancati negli ultimi anni: dal Medio Oriente al Nord Africa, passando per Ucraina e Sud Pacifico. Interi territori attraversati dagli interessi economici delle grandi potenze hanno visto da vicino le atrocità delle guerre e dei conflitti per procura, con la popolazione civile considerata soltanto come problema umanitario quando riesce a raggiungere le coste europee.
Per capire la situazione è necessario dire che il contesto di guerra non è una novità in quella zona. È necessario combattere la propaganda di guerra secondo cui all’origine del conflitto ci sia l’improvvisa volontà d’invasione da parte della Russia, poiché questa è una versione di comodo per gli USA e la UE. Nel corso degli anni proprio loro hanno soffiato per primi sul fuoco di questo conflitto foraggiando e finanziando i nazionalisti ucraini che con il golpe del 2014 s’insediarono al governo e silenziando per anni la guerra di Kiev contro il Donbass o la deriva sciovinista dell’Ucraina, con battaglioni nazisti integrati nell’esercito e la persecuzione di sindacalisti, attivisti LGBTQ, comunisti e antifascisti.
La Russia dal canto suo, con la scusa di “proteggere le repubbliche popolari” e “denazificare il paese”, ha messo in campo i carrarmati avviando un’operazione militare, con lo scopo di mettere un freno all’espansionismo NATO ad est, garantirsi maggior agibilità in quell’area su cui vuole esercitare la propria influenza e interessi e giocare il proprio ruolo di potenza.
L’esplosività e la pericolosità del conflitto ucraino hanno portato alla ribalta, per l’ennesima volta, una guerra tra potenze per il controllo di mercati, risorse e territori.
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BASTA CON LE SPESE MILITARI, VOGLIAMO LAVORO, SALUTE, TRASPORTI ED ISTRUZIONE!
LE GUERRE LE PAGHIAMO NOI.
Le sanzioni di cui l’Unione Europea e USA si fanno portatrici, presentandole come unica alternativa ad un terzo conflitto mondiale, sono uno strumento di guerra a tutti gli effetti con lo scopo di mettere in ginocchio un’economia e creare malcontento. Se, per il momento, queste sanzioni non vanno a colpire le banche Sberbank e Gazprombank “per non compromettere la possibilità di comprare gas”, colpiscono solo in parte capitali e affaristi russi, ma il prezzo più salato sarà pagato dai lavoratori russi in termini di perdita di posti di lavoro e aumento dei prezzi.
Non servono certo “le punizioni” occidentali, le classi popolari russe, i lavoratori, le femministe, gli studenti sono già in piazza ogni giorno contro una guerra e un governo che non li rappresentano!!
Lo stesso aumento del costo dei beni, compresi quelli essenziali, sta già pesando come un macigno nelle tasche di milioni di lavoratori e disoccupati che la pandemia aveva messo già in difficoltà. Questa ennesima guerra farà arricchire le tasche dell’industria bellica nostrana – a cui lo Stato italiano è legato a doppio filo – a cui in questi anni sono stati dati fior fiore di finanziamenti mentre noi dovremmo continuare a pagarne il prezzo. Un prezzo salato che vedrà sempre meno investimenti in ciò di cui realmente avremmo bisogno: un lavoro stabile e sicuro, un sistema sanitario pubblico, efficiente e di qualità, un sistema pubblico di trasporti non inquinante e accessibile, un sistema formativo che garantisca il diritto allo studio per tutte e tutti.
Noi, come lavoratori e lavoratrici, non abbiamo niente da guadagnare da questa guerra. Ogni soldo che lo Stato italiano spende per l’invio di armi all’Ucraina è un soldo sottratto a tutte e tutti noi. Per gestire il possibile malcontento, la principale dimensione è quella dell’emergenza che permette una massiccia propaganda a senso unico su tv e giornali, militarizzazione dei territori e l’inasprimento repressivo, a cui la crisi pandemica aveva già dato una grossa accelerata, e che ora potrebbe portare ad un’ulteriore svolta autoritaria giustificata dalla guerra imminente – non è un caso che lo stato d’emergenza sia stato prolungato dal governo.
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CONTRO LA NATO E L’INTERVENTO DEL GOVERNO ITALIANO NEL CONFLITTO!
LE ARMI NON POSSONO ESSERE LA SOLUZIONE.
Il governo italiano di Draghi è la rappresentazione degli interessi di banchieri e classi dirigenti occidentali di cui la NATO è diretta esecutrice. La pace di cui si riempiono la bocca forze politiche governative, come il PD, altro non è che puro interventismo mascherato. Come si può parlare di pace inviando armi e appoggio strategico ad una delle parti in guerra? Come può parlare di pace un governo che sul proprio territorio ha dislocate numerosi basi militari NATO con testate nucleari? Come può un paese aderente al patto atlantico parlare di pace quando la NATO non ha fatto altro che espandersi militarmente ovunque potesse, producendo guerre, distruzione e destabilizzando interi paesi, Ucraina inclusa?
Chi oggi parla di pace deve schierarsi, senza se e senza ma, contro l’invio di armi all’Ucraina, per il cessate il fuoco immediato e contro ogni espansionismo della NATO, strumento offensivo che non ha mai avuto alcun senso di esistere e principale fattore di crisi e destabilizzazione. Chi oggi parla di pace deve avere la capacità di bloccare gli ingranaggi della guerra, bloccare gli snodi del commercio di armi come i porti, opporsi alla presenza delle basi militari NATO sul nostro territorio, denunciare ed attaccare gli interessi dell’industria bellica italiana che a prendere parte a questo conflitto ha tutto da guadagnarci. Essere contro la guerra significa agire dentro e contro la censura del pensiero critico, contro un’università totalmente assoggettata agli interessi di imprese e lobby – che, permeando il tessuto formativo e culturale, cercano di radicarsi nel corpo sociale nella sua interezza, per educare all’obbedienza e all’infallibilità del capitalismo e del suo mondo.
Dobbiamo lottare contro ogni guerra, fermare le operazioni militari che stanno provocando morti, povertà, profughi, perché, come abbiamo sempre affermato, questa guerra, come tutte le altre, è soltanto funzionale al capitale e ai suoi interessi e i lavoratori e le lavoratrici ne subiranno le conseguenze.
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L’unico conflitto che concepiamo, è quello contro chi ci sfrutta e ci licenzia, contro chi privatizza i trasporti e la sanità, contro chi svende le nostre scuole e le nostre università agli interessi delle aziende, contro chi specula e devasta ambiente e territori.
L’unica guerra che ammettiamo è quella contro chi ci sfrutta, il nemico è in casa nostra.
Le compagne e i compagni di
CPA Firenze Sud
Collettivo d’Ateneo – Firenze
Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos – Campi