Sul 30 Novembre e l’inutilità degli slogan.
Il dibattito sull’unità che si sta sviluppando attorno alle piazze del 30 Novembre ha del paradossale perché rimuove il dato politico.
L’unità o la divisione non sono questioni che cadono dal cielo ma discendono dal politico e su quel terreno si devono affrontare.
Allora ci vuole chiarezza e disponibilità alla chiarezza.
La piazza del 5 Ottobre è stato l’ultimo momento che, almeno nella premessa, ha rappresentato l’unità della solidarietà alla lotta di liberazione della Palestina.
L’appello del 5 Ottobre era firmato da tutte le organizzazioni palestinesi in Italia.
Il divieto della Questura ha iniziato a evidenziare la divisione che poi si sarebbe prodotta con la piazza del 12 Ottobre lanciata sul presupposto della differenziazione tra “buoni e cattivi” da parte di chi, già dalla sera del 5 Ottobre, ha prestato il fianco alla logica degli “infiltrati”.
Chi, dopo gli eventi del 5 Ottobre, è stato nella piazza del 12 pensando di “cucire” le due piazze o non ha capito ciò che stava accadendo o era già impegnato a capitalizzare questo scenario.
Tenere GPI e UDAP fuori dall’organizzazione dell’assemblea del 9 Novembre ha riproposto questa stessa divisione.
Questa è la ragione per cui la divisione del 30 Novembre risulta essere precedente a quella assemblea in cui, viste le premesse, nessuno doveva avere la velleità di dichiararsi “sintesi” di oltre un anno di lotte in solidarietà con la Palestina.
Al di là di come la si pensi, nessuno può dichiararsi detentore dell’unitá in assenza di due organizzazioni palestinesi in Italia.
Se a questo si aggiunge il fatto che allo stesso tempo in quella sede si è restituito parola e legittimità a chi fino al 7 Ottobre dell’anno scorso ha attaccato la Resistenza sostenendo la proposta dei “Due Popoli Due Stati”, contemplando quindi l’esistenza dell’entità sionista, è ancora più comprensibile che la possibilità di una divisione persista.
Il 7 Ottobre ha smascherato il progetto genocida di Israele e rimesso all’ordine del giorno la Liberazione di tutta la Palestina dall’occupazione sionista facendo crollare tutte le altre ipotesi ormai smentite dalla storia.
Il 30 Novembre sarà quindi una giornata in solidarietà con la Palestina e spetta prima di tutto alle organizzazioni palestinesi in Italia prendersi la responsabilità dell’unione o della divisione delle piazze.
Se la piattaforma del 5 Ottobre è stato l’ultimo momento di unità sottoscritto da tutte le organizzazioni palestinesi in Italia, allora non si può che ripartire da quella.
Perché ciò avvenga si devono esprimere loro.
Perché ciò avvenga deve cadere ogni gioco e interesse particolare di rafforzamento di una singola area politica.
Quando si dice che sull’unità “siamo tutti d’accordo, ma facciamolo” si rimuove il politico.
Perché evidentemente non tutti sono stati d’accordo.
Allora che la parola torni alle organizzazioni palestinesi in Italia, che nessun altro parli per loro, e ripartendo dall’appello del 5 Ottobre sapremo se la piazza del 30 Novembre sarà unitaria o meno, e soprattutto sapremo chi non è stato d’accordo e per quali ragioni.
Chiunque altro spenderà parole dovrebbe farlo semmai spiegando e portando chiarezza del perché si sta producendo la divisione e non usando il richiamo all’unità come slogan per accusare altri di settarismo.
Se la piazza sarà unitaria saremo chiaramente in quella piazza.
Se non sarà unitaria saremo in quella promossa da UDAP e GPI perché è nel loro appello per lo sciopero del 29 e la manifestazione del 30 Novembre che ritroviamo una continuità con le mobilitazioni del 23 e 24 Febbraio, del blocco ai varchi del porto il Genova e del 5 Ottobre unite all’appello ai lavoratori a mobilitarsi contro la guerra, l’economia di guerra e il DDL 1660.