UN VIRUS da SCONFIGGERE: IL PATRIARCATO!
LOTTOMARZO, PERCHE’ LA PAURA CAMBI CAMPO, per ORGANIZZARE la SOLIDARIETÀ, per ABBATTERE PATRIARCATO e CAPITALE, TUTTE e TUTTI, NON UNA DI MENO!
Con l’emergenza Coronavirus, il governo, le questure di tutta Italia e il Comitato di garanzia hanno fermamente chiesto di revocare la copertura sindacale per lo sciopero globale transfemminista, vietando o limitando i cortei e le attività di piazza previste per le giornate dell’8 e 9 marzo in tutta Italia.
Lo strumento dello sciopero globale, ricordiamo, partito dalla rabbia delle compagne latino americane e la loro volontà di organizzare la loro lotta, da ormai quattro anni ha portato milioni di persone a invadere le piazze di tutto il mondo.
Il movimento transfemminista non solo ha ripreso parola e mobilitazione rivendicando il diritto di autodeterminazione sulle proprie vite, ma si è riappropriato di una data come quella dell’8 marzo: una giornata di lotta delle donne lavoratrici che la narrazione mainstream ha per anni mercificato e normalizzato.
Quello che sta accadendo in queste ore in Italia ci pone davanti delle domande a cui è necessario rispondere in chiave femminista e di classe, soprattutto in questa data. Innanzitutto, “l’emergenza Covid19” ha messo in luce dei nervi scoperti. La sanità Pubblica è la prima vittima di questo Virus, anni di privatizzazioni e tagli ad un servizio essenziale, stanno dimostrando ancora di più come la logica del profitto mette a repentaglio le nostre vite. Le lavoratrici e i lavoratori del comparto sanitario, nonostante mezzi e fondi ridotti, sono le prime ad dover far fronte a questa situazione con uno sforzo encomiabile.
Si scarica sull’individuo, impaurito, confuso e disorientato, il costo di una questione sociale e collettiva, facendo emergere ineguaglianze e disparità, non ultima quella di genere. Ma soprattutto ed ancora più ferocemente rivela la natura di un sistema capitalistico e patriarcale, fondato sul profitto ad ogni costo e divisione gerarchica e di genere del lavoro e dei rapporti sociali, in un legame indissolubile, che i movimenti femministi e rivoluzionari hanno indicato da tempo come il nemico da abbattere.
Se poi è l’occasione pure per bloccare proteste e scioperi, ecco che qualcuno le mani se le sfrega (altro che amuchina!). La chiusura di asili e scuole, in primis, ma anche di luoghi di cultura, aggregazione, sostegno agli anziani o meno abbienti, ha generato un carico di lavoro di cura scaricato principalmente sulle donne lavoratrici.
E se l’economia non si può fermare, e la fabbrica-callcenter-supermecato etc non chiudono, ecco che il peso deve ricadere sulla “famiglia” – che pensata e strutturata da anni in senso patriarcale- vede principalmente la donna a dover pensare a come sistemare i figli, magari pensando a come contattare una baby-sitter, ancora una volta una donna, giovane, per lo più precaria e pagata in nero.
E la realtà ci riporta come sono ancora una volta le donne (spesso migranti, in una spirale di ricatto e sfruttamento) ad occuparsi del lavoro di cura dei soggetti più deboli come anziani, persone con disabilità o malate, e a lavorare nei settori della pulizia, dove l’emergenza ha visto crescere mole di lavoro e ritmi incessanti, oltre che una forte esposizione al rischio contagio, per lo più senza tutele.
Sono dunque le donne che rischiano di più, anche in questa situazione, a veder perdere il proprio posto di lavoro, comunque e sempre statiscamente impari in diritti e salari rispetto ai colleghi maschi.
Sono le donne a dover ritagliare tempo o permessi – sempre minori e sempre più disciplinati- per poter stare a fianco dei figli. Sono per lo più le donne, dalle corsie di un ospedale o nelle case di cura, a vedersi aumentare il carico di lavoro. E se mai ci avessimo creduto, come pensate di convincerci che saremmo tutti sulla stessa barca?
Nonostante questo, il movimento femminista internazionale e autorganizzato di Non Una di Meno – Italia è riuscito a portare avanti lo sciopero, cercando e trovando forme alternative di sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo e invitando tutt* a cercare forme e modi per stare unit*, nelle modalità consentite dal decreto emergenziale, in un momento in cui ci impongono di stare soli/e ad arrangiarsi di fronte all’emergenza, e magari silenziose in una giornata dove da anni finalmente rimbombava il grido di rabbia contro abusi, stupri, ingiustizie, sessismo e violenza!
Perché l’emergenza quotidiana ci parla di una realtà materiale e concreta fatta di disparità e disuguaglianze.
La disparità salariale è ancora altissima (quasi il 30%), al centrosud 2 donne su 10 risultano occupate, rispetto ai colleghi maschi le donne sono sottoposte in maggior numero a contratti “atipici”, con licenziamenti più facili, minori garanzie e tempi di lavoro più lunghi quando sei utile, facilmente scaricabile quando non lo sei più, magari in caso di maternità…
Nel frattempo il numero delle violenze, dei femminicidi e delle molestie aumenta vertiginosamente. Una donna su 2, italiana o straniera, ha subito molestie in questo paese, (i dati sulle molestie nei luoghi di lavoro sono agghiaccianti!), quasi il 10% ha subito uno stupro, ogni due giorni una donna viene uccisa, molto spesso per mano di mariti, ex, fidanzati o padri.
Tutto questo mentre la retorica sulla sicurezza, sulla “difesa delle nostre donne” si fa propaganda elettorale bipartisan, quando in maniera sistematica le istituzioni tagliano fondi ai Centri Antiviolenza, chiudono o sgomberano la Case delle Donne o gli spazi autogestiti femministi (come l’ultimo caso di Lucha y Siesta a Roma) cercando sempre di più di lederne l’autonomia, si alimenta la “caccia all’immigrato stupratore” legittimando esercito e polizia nelle strade.
Le stesse strade dove le donne, come questa città ha purtroppo dimostrato recentemente, vengono molestate se non stuprate dai loro stessi “difensori in divisa”. I Consultori non solo sono lontani da essere un luogo di ascolto e di mutuo aiuto per le donne e le soggettività LGBTQI, ma vengono chiusi, depotenziati, se non invasi dai così detti “ProLife”.
Il diritto alla salute viene usato come forma di violenza patriarcale da vescovi, politici rampanti, fascisti organizzati, integralisti e reazionari di ogni tipo con i continui attacchi alla 194, al diritto all’aborto e a una corretta educazione sessuale e alle differenze nella scuola pubblica. Con l’esempio che ci viene dalle compagne latinoamericane e dalla loro lotta tenace, dal parlare a tutte e tutti e ripartendo davvero dal basso, dalle assemblee territoriali, dai quartieri, dai luoghi di lavoro, da scuole e università, anche in Italia dobbiamo conoscerci, autorganizzarci, tessere legami, intrecciare alleanze e relazioni.
Un movimento che ha rotto un silenzio assordante, e che può fare della lotta, della solidarietà, del mutuo appoggio le prime urgenti e necessarie risposte a tutte le forme di violenza patriarcale. Con gli stimoli e gli esempi del movimento rivoluzionario curdo, del suo mettere al centro l’autodifesa, la solidarietà e autodeterminazione delle proprio vite, esempi che dimostrano che nuove relazioni sociali, fra gli uomini e le donne, fra i generi, fra i popoli è possibile.
Le Case delle Donne, i Centri Popolari Antiviolenza nei villaggi e nei quartieri, il ruolo davvero paritario in ogni aspetto decisionale delle comunità, dai luoghi di lavoro alle milizie di autodifesa, ci dicono che il naturale posto della donna è nella lotta per abbattere questo sistema patriarcale e di profitto che è l’origine della sua oppressione e in prima fila per costruire una società più giusta. Dobbiamo urlare che patriarcato e violenza di genere sono senza frontiere, così come deve esserlo la nostra lotta a fianco di ogni sfruttata o sfruttato. Le nostre armi tornino ad essere la solidarietà, la lotta, l’autodifesa. La nostra determinazione torni ad essere capace di scardinare i rapporti di forza nei posti di lavoro, nelle scuole, a casa e in famiglia.
Trasformiamo la paura individuale in rabbia collettiva, trasformiamo la rabbia di tutte in lotta che sappia essere liberatrice! Il silenzio è stato spezzato. A voce alta contro la violenza sessista, ovunque esse si insidi. Insieme saremo più forti. Non una di meno!
CPA Firenze Sud, Collettivo Politico Scienze Politiche, Krisis Collettivo di Studi Umanistici, Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos, Rete dei Collettivi Fiorentini