Da settimane, su tutti media e gli organi di stampa, il tema della guerra torna a prendersi la scena.
Il conflitto in Ucraina, ufficialmente aperto tre giorni fa, rappresenta l’ultima folata di un vento che non ha mai smesso di soffiare. I contesti di conflitto e di guerra sono stati molteplici in questi anni: dal Medio Oriente al Nord Africa, passando per Ucraina e Sud Pacifico. Nelle ultime 48 ore Israele ha attaccato Damasco (mentre La Repubblica riportava dichiarazioni di Israele per cui la guerra non è strumento per risolvere conflitti), l’Arabia Saudita lo Yemen e gli Stati Uniti hanno sferrato attacchi aereri in Somalia. Lo schema si ripropone sempre simile: da una parte le grandi potenze organizzano guerre in nome dei propri interessi economici, dall’altra la popolazione civile che paga queste scelte con la vita.
Per analizzare e comprendere questa particolare situazione è necessario conoscere quello che è avvenuto e che sta avvenendo su quel confine da ormai più di 7 anni: il contesto di guerra non è una novità di questi giorni e i morti di questo conflitto sono già arrivati a più di 13 mila. Data la complessità della situazione nello scacchiere internazionale, riteniamo di dover rimandare ad altra sede questo approfondimento, al fine di evitare semplificazioni di ogni sorta.
Alla semplificazione ci pensa già la narrazione mainstream, secondo cui all’origine della crisi ci sia la volontà improvvisa d’invasione da parte della Russia: una evidente versione di comodo per gli Stati Uniti, a cui anche i paesi europei si piegano per sudditanza all’interno dell’Alleanza Atlantica (NATO). Dall’altro, la Russia mette in campo le sue forze armate per “proteggere le repubbliche popolari” e “denazificare il paese”, avviando un’operazione militare su larga scala. Ma come può il nuovo zar appellarsi alla denazificazione di un paese quando ha finanziato tutte le forze apertamente sovraniste (e fasciste) in numerosi stati europei? Come possono gli USA condannare un attacco all’Ucraina dopo aver aggredito paesi come la Libia, l’Afghanistan, l’Iraq o la Serbia solo per i propri interessi?
In un contesto di generale di indebolimento degli USA da un lato e rafforzamento di potenze orientali come quella cinese dall’altro, i primi tentanto subito di riaffermare la propria egemonia – basata su superiorità militare, tecnologica ed espansionismo territoriale – tramite lo strumento della NATO.
A fondare l’Alleanza atlantica c’era anche l’Italia, fedele e prona alleata degli Stati Uniti negli anni, come anche in questo caso, visto il doppio filo, economico ed ideologico, che la lega alla super potenza. Tuttavia, nel caso di questo conflitto, si trova in una posizione imbarazzante poichè militarmente alleata degli Stati Uniti, parte dell’Unione Europea che guerreggia a suon di sanzioni, ma economicamente (e finanziariamente) molto dipendente dalla Russia (Intesa Sanpaolo ha 28 filiali in Russia ed 1 mld di investimenti; gas e petrolio vengono importati dalla Russia, tramite l’Ucraina). Tuttavia, il nostro territorio ospita numerose basi NATO o USA, spesso dannose direttamente per la salute di chi abita quel territorio (vedi il caso Niscemi, in Sicilia) o che, associate ad altre basi militari, devastano sotto vari punti di vista persone e spazi (come succede in Sardegna). Se riconosciamo che questa Alleanza Atlantica è lo strumento militare che agisce al di fuori della sua area, in modo schiettamente offensivo nei confronti di altri paesi e altri blocchi, in fasi e modalità differenti, non possiamo che schierarci da una parte, ovvero quella dell’uscita dell’Italia dalla NATO e, viceversa, della NATO dall’Italia. Il prezzo, infatti, di questa fedeltà, lo troviamo stampato sulle nostre bollette e lo vediamo sui corpi dilaniati delle popolazioni su cui le bombe cascano davvero.
Sul piano energetico, principale terreno di scontro in Ucraina tra interessi contrapposti, i paesi europei stanno già pagando a caro prezzo le tensioni: l’impennata dei prezzi di gas, benzina e elettricità è anche determinata del risiko tra Russia, Ucraina e NATO, poiché l’UE è la prima importatrice dalla Russia e acquistare il gas dagli USA, comporterebbe un aumento dei costi, già elevati.
Una delle sanzioni da parte della Germania è stata quella di bloccare il North Stream 2, uno dei gasdotti che direttamente dalla Russia sarebbe dovuto arrivare nel centro dell’Europa. Come effetto a cascata, sono aumentati i prezzi degli altri beni, anche quelli essenziali: un incremento che sta pesando non poco nelle tasche di milioni di lavoratori e disoccupati che già stentano ad arrivare alla fine del mese. In questo contesto sociale esplosivo, con un’uscita (?) dalla pandemia ed una guerra imminente, il fronte della tenuta interna dei vari paesi diventa un argomento all’ordine del giorno e una priorità massima per i governi occidentali.
Condanniamo tutte le operazioni militari che stanno acutizzando la situazione e portando ad un conflitto armato, perché, come abbiamo sempre affermato, questa guerra, come tutte le altre, è soltanto funzionale al capitale e ai suoi interessi e i lavoratori e le lavoratrici ne subiranno le conseguenze.
BASTA GUERRE!