In una delle ultime conferenze stampa il CTS ha affermato che, con il rialzo dei contagi, la speranza è che con i vaccini ma soprattutto con l’arrivo della bella stagione il virus conceda una tregua.
Speranza in contrasto con quello che stiamo vedendo in questi giorni, con una terza ondata che ha portato mezza Italia in zona rossa e terapie intensive di nuovo vicine o oltre il livello critico nella maggior parte delle regioni.
Con una tranquillità disarmante hanno affermato che l’unico luogo di contagio ad oggi conclamato è il nucleo familiare ma non vi sono tracciamenti e studi per andare oltre questa banalità: non è dato sapere quanto scuola, trasporti, lavoro o tempo libero incidano sul totale.
Ma lasciamo da una parte i tracciamenti e soprattutto la bella stagione, su cui ci sarebbe da ridere se non fosse passato più di un anno dall’inizio di quest’incubo, e torniamo sui vaccini.
Dall’arrivo di Draghi è stato un gran parlare di logistica con la nomina di un militare nella cabina di regia: evidentemente i “civili” e le Asl non sarebbero in grado di programmare le vaccinazioni necessarie per tornare a respirare.
Una questione sicuramente preoccupante ma che dall’altra si fa forza di situazione creata ad hoc: ci pare impossibile che dopo anni di tagli e senza alcun nuovo investimento dopo l’inizio della pandemia vi fossero le risorse per organizzare una vaccinazione di massa. Dobbiamo ringraziare le politiche d’austerità volute proprio da Draghi che tutto hanno tagliato tranne che il militare…
Ma forse qui qualcuno vuole nascondersi dietro un dito o forse sfruttare l’occasione per compiere passi decisivi verso una gestione autoritaria e marziale oggi della pandemia e domani del mondo che ne uscirà.
Diciamo questo perché sembra che il problema dei vaccini sia solo legato allo logistica e alle difficoltà di somministrarlo.
Il vero problema però è che i vaccini ci sarebbero, ma non ci sono forniture sufficienti.
Intanto mettiamo a fuoco la questione: in Italia le uniche forniture che potrebbero arrivare sono quelle di Moderna, Astraneca e Pfizer. Questo è il nostro ristretto orizzonte e la realtà dei paesi dell’Unione Europea e degli Usa. Il resto del mondo invece guarda al vaccino russo, a quelli cinesi e prossimamente ai vaccini cubani.
Anche in questo caso siamo ostaggi delle politiche imperialiste e dello scacchiere geopolitico: quando Draghi, al suo insediamento, ha rimarcato la proiezione atlantista dell’Italia, sui vaccini ha sostanzialmente ribadito questo.
Pfizer, Astrazeneca e Moderna stanno facendo affari d’oro: la ricerca sui vaccini è stata finanziata con soldi pubblici, mentre i profitti (50 miliardi solo nel 2021), finiranno in tasca agli azionisti. Come se non bastasse, le multinazionali hanno firmato accordi con singoli stati in cui scaricano ogni tipo di responsabilità e nonostante questo si sono potuti permettere di innescare un’asta al rialzo vendendo lotti di vaccini ai migliori offerenti facendo carta straccia degli accordi precedenti.
Il risultato è quello che abbiamo davanti e che ha innescato il solito meccanismo del “prima noi…”
Dopo un anno di pandemia pensiamo che ogni categoria o spaccato sociale abbia da mettere sul piatto qualcosa per affermare il diritto di esser vaccinato.
Se poi lo stesso concetto lo si eleva a livello continentale come ha fatto Draghi avremo il “Prima gli europei…” concretizzatosi nel blocco di 250mila di Astrazeneca dirette in Australia.
Chi non capisce il linguaggio della solidarietà e dell’uguaglianza però in questo caso potrebbe attingere sempre dal proprio egoismo per capire l’inutilità di manovre del genere: impedisci agli australiani di vaccinarsi e domani ti torna indietro una variante che chiameremo “l’australiana” e su cui magari il vaccino non agirà.
Risultato: saremmo tutti senza vaccini!
Ci pare evidente che il problema non sia di chi si vaccina per primo, ma di quante persone riusciranno a vaccinarsi nel più breve tempo possibile e quindi della produzione del vaccino.
Oggi la coperta è troppo corta e questo dipende dal fatto che solo poche aziende hanno la licenza e i macchinari e sono quindi nelle condizioni di poter produrre il vaccino.
Concedere la licenza a produrre vaccini a chiunque la desideri sarebbe sicuramente una soluzione nell’immediato ma se parliamo solo di brevetti forse non affrontiamo fino in fondo il problema.
Il brevetto per un paese come Cuba e per tutti i paesi che beneficeranno del Soberana2 oggi rappresenta una tutela per la salute pubblica e per il fatto che in questo contesto sarà Cuba a decidere dove e come sarà prodotto il vaccino: capiamo bene che il problema vero sono i presupposti e il fine.
Se, come è per Cuba, il vaccino è una scoperta a tutela della salute pubblica dell’umanità il brevetto pubblico è una tutela per la popolazione stessa.
Viceversa, se il vaccino è considerato una merce come una qualsiasi altra, alla quale applicare le feroci leggi del mercato, del profitto e dell’estrazione di plusvalore, la situazione è diametralmente opposta ed ecco che il brevetto diventa uno strumento di ricatto sulla pelle di milioni di persone da parte di pochi.
Il problema non è il brevetto in sé ma la strategia e l’interesse che esso serve e perché questa battaglia sappia guardare oltre la contingenza dobbiamo attaccare questo livello complessivo e il modo di produzione capitalista che, com’è per l’ambiente, si dimostra ancora una volta distruttivo per la salute dell’intera umanità.
Il vaccino non è merce, ma un bene a tutela della salute pubblica e collettiva!