Come tutti in questi giorni ci siamo trovati a discutere collettivamente riguardo all’emergenza in atto nel nostro Paese.
Sicuramente siamo di fronte a una situazione in pieno sviluppo, i cui contorni sono difficili da definire, e su cui nessuno, inclusi gli scienziati, dimostra di avere certezze. Però siamo tutti perfettamente in grado di renderci conto che la spinta neoliberista, che ha pervaso i governi degli ultimi venti anni, ci ha regalato un Sistema Sanitario Nazionale depotenziato, 37 miliardi di tagli negli ultimi 10 anni, sminuito nelle potenzialità, 72 mila posti letto , 8mila medici, 25mila infermieri in meno. Tutto questo regalando alla sanità privata la possibilità di sostituirsi, poco a poco, al pubblico nell’erogare servizi medico sanitari. Quando ci rivolgiamo alle cosiddette strutture convenzionate paghiamo due volte, direttamente tramite ticket e indirettamente quando lo stato mette la differenza utile a raggiungere il prezzo di listino dei servizi erogati: alla faccia di quella che dovrebbe essere la sanità pubblica universale e gratuita! Quando però si determina una situazione di emergenza sanitaria, il carico cade interamente sulle strutture pubbliche e in particolare su una forza lavoro sempre più precaria e sottoposta a ritmi impossibili. Allo stesso modo, ora si invoca la ricerca di una cura dimenticandosi che negli ultimi decenni si sono tagliate sistematicamente risorse alla ricerca pubblica per svenderla agli interessi privati, mentre si finanziavano opere inutili e dannose e si aumentava la spesa militare.
Ma torniamo all’emergenza, come tale è da sfruttare fino in fondo, dopotutto come strumento si è dimostrato valido in più di un’occasione, e allora come non inserire tramite decreti governativi il blocco degli scioperi, l’accelerazione delle procedure per i licenziamenti collettivi o per la cassa integrazione: va dato sostegno ai profitti delle classi padronali, e chi si ritrova a casa senza un lavoro può pagare le conseguenze economiche del Covid 19, d’altronde pagherà anche per curarsi.
Incredibile come in un batter d’occhio, con la chiusura di asili e scuole, si smascheri come il carico dei costi sociali di una scelta come questa, ricada sulle famiglie senza poter contare su un minimo appoggio e presa in carico sociale e collettiva: chi potrà si permetterà una baby sitter (eh, il lavoro di cura sempre delegato alle donne, meglio se in nero e sottopagate), chi potrà permettersi il privilegio di un astensione dal lavoro bene, sennò cavoli tuoi. Mica possiamo fermare i profitti!
In questo quadro CGIL CISL e UIL invitano ad unire le forze, segnale chiaro al governo che non si opporranno e che si può proseguire su questa strada. Staremo a vedere dove ci porterà questa emergenza ma ci è sempre più chiaro che il problema come sempre ricade su chi appartiene a quella classe che è costretta a pagare i privilegi di pochi e che la più grande emergenza è la costante erosione dei diritti, la difficoltà di accesso alle cure, come d’altronde la negazione del diritto al dissenso e la criminalizzazione delle pratiche di lotta di chi non si allinea.
L’appartenenza dello stato italiano all’Unione Europea ci viene spesso dipinta come l’adesione ad una entità politico culturale nella quale dovremo identificarci in quanto garanzia di pace e solidarietà tra i popoli. Sappiamo benissimo quanto tutto questo sia falso e ne abbiamo l’ennesima riprova in questi giorni in cui la polizia greca spara sui profughi siriani mentre i nazisti di Alba Dorata le danno supporto scatenando la caccia all’uomo armi in pugno contro profughi e solidali. Di fronte alla negazione dei più basilari valori umani, che cosa fa il presidente della Commissione UE Ursula von Leyden? Applaude definendo la Grecia “scudo d’Europa”! Bene, oggi pare che quella stessa UE sia così “buona” da permettere allo stato italiano di indebitarsi ulteriormente per “pagare” l’emergenza coronavirus. Ma cosa succederà domani quando questo debito dovrà essere ripagato? Possiamo già da ora essere sicuri che la prossima “emergenza” sarà quella del debito italiano e allora tanti saluti alla solidarietà: saremo costretti a pagare con ancora altri tagli, a partire proprio dalla sanità e dall’erosione del diritto alla salute.
Un ultimo ragionamento che vogliamo condividere riguarda noi stessi come Centro Popolare Autogestito. Essere una realtà occupata e autogestita non significa essere una realtà separata da quello che ci circonda, ma che si dota di uno spazio collettivo di azione e di ragionamento alternativo ed antagonista a questo sistema, che tutti/e insieme vogliamo avere i mezzi per trasformare. Riteniamo perciò che impossibile proseguire le nostre attività come se niente fosse. Abbiamo deciso di sospendere i concerti sapendo di non poter permettere di far valere le basilari norme necessarie per ridurre possibilità di contagio etc, più che alle direttive del decreto, e pensiamo che tutt* dobbiamo sentirci coinvolt* e responsabil* nello sforzo collettivo di rallentare la diffusione del virus per agevolare al massimo il lavoro di infermieri, personale sanitario e medici impegnati nelle strutture pubbliche. Nei prossimi giorni discuteremo collettivamente le modalità con cui portare avanti le attività del Centro Popolare nella massima sicurezza per chi lo frequenta. Al tempo stesso pensiamo che in questa situazione di oggettiva difficoltà dobbiamo mobilitarci con ancora più forza per pretendere che alla sanità pubblica siano garantite tutte le risorse necessarie tagliando le spese inutili a partire da quelle militari; che le strutture e il personale sanitario privato siano messe a disposizione senza costi per lo stato e i pazienti; che nessuna lavoratrice o lavoratore venga licenziato o privato dei suoi diritti con la scusa dell’ “emergenza”; che il carico di lavoro derivante dalla chiusura delle scuole non ricada sulle famiglie e in particolare sulle donne che si trovano più spesso a fare fronte da sole al maggiore carico di cura che questa situazione comporta.
Centro Popolare Autogestito Fi-Sud