Nelle ultime settimane sono arrivate sulla mail e sulla pagina fb del Centro Popolare alcuni messaggi da parte di Leonardo Victorion che ci chiedeva di togliere il suo nome e cognome da un nostro comunicato.
Il comunicato in questione è stato scritto all’indomani dell’assoluzione in appello dei sei ragazzi che nel 2008 stuprarono una ragazza alla Fortezza da Basso di Firenze. Contro questa assurda sentenza, e contro le sue vergognose motivazioni, nell’estate del 2015 ci fu a Firenze un grosso corteo nazionale per esprimere solidarietà alla ragazza e denunciare il vortice di ignoranza, pregiudizio e violenza che portava a mettere sul banco degli imputati il suo comportamento piuttosto che quello dei suoi stupratori.
Leonardo Victorion, uno dei 6, ci chiede ora con insistenza di cancellare il suo nome da quel comunicato, proprio in virtù della sua assoluzione in appello, che noi rigettiamo! E se questo non bastasse Victorion torna vergognosamente ad accusare la ragazza stuprata di aver mentito.
La sua richiesta è comunque stata per noi l’occasione di riparlare dell’argomento, proprio nei giorni in cui cominciava ad uscire la notizia dei fatti di Parma, e collettivamente abbiamo deciso non solo di lasciare inalterato quel comunicato, perché ciò che scrivemmo allora lo riteniamo ancora giusto, ma anche di uscire nuovamente per ribadire che non possono esserci attenuanti o giustificazioni per gli stupratori. Continuiamo a definirli stupratori perché qualsiasi atto di natura sessuale verso una persona che per condizione psicologica personale o indotta da sostanze non è in grado di reagire o di scegliere, non può che essere considerato stupro.
Come ormai è quasi regola, anche nel corso del processo per lo stupro della Fortezza, ad essere messa sul banco degli imputati è stata la ragazza violentata: la corte, concentrandosi con minuzia di particolari sulla sua vita ed in particolare sulle sue abitudini sessuali, ha operato un ribaltamento dei ruoli, riducendo gli stupratori a testimoni “d’accusa” e lasciando alla vittima il peso di dover dimostrare la sua innocenza, come se non bastasse quello che sarà costretta a portarsi dietro per tutta la vita. Anche questo è violenza.
Non abbiamo mai aspettato che la giustizia facesse il suo corso per prendere posizione su quanto accade intorno a noi, sapendo che all’interno dei tribunali rivivono necessariamente i rapporti di forza esistenti all’esterno. Non lo abbiamo fatto ai tempi della sentenza di Firenze, e, a maggior ragione non possiamo farlo per quanto accaduto a Parma.
Per quanto ci riguarda la violenza sessista, sulle donne e di genere, che non è solo violenza fisica, ma più spesso trova posto in meccanismi sotterranei, subdoli e dunque più difficili da identificare, rappresenta una problematica grave, complessa e ormai pervasiva, frutto dei rapporti di produzione e dei comportamenti sociali da essi determinati, di un retaggio culturale antico e radicato che dà vita ad una serie di luoghi comuni, avallati e testimoniati dal lessico e dagli atteggiamenti che tutti noi troppo spesso utilizziamo.
Anche per questo continueremo a dare un nome e cognome a chi di questa violenza si è reso e si rende partecipe.
Solo pochi giorni fa abbiamo saputo di quanto accaduto a Parma nel 2010, dove all’interno di uno spazio sociale “antifascista” sedicenti “compagni” hanno stuprato una giovane compagna. La ragazza non denuncia e quanto accaduto resta avvolto da una nebbia di omertà e giudizio sessista contro di lei, con tanto di minacce per indurla a negare la violenza subita. Lei, isolata e privata della solidarietà, non mette più piede in quello spazio, mentre gli stupratori non sono allontanati da chi era presente quella dannata sera, e dai molti e molte che ne sono venuti a conoscenza successivamente e che non hanno riconosciuto in quanto accaduto i segni della violenza sessista, riproducendo gli stessi meccanismi di isolamento e colpevolizzazione propri dei tribunali.
Questa storia gravissima, resa ancor più pesante dal muro di silenzio che l’ha circondata fino ad oggi, parla anche a noi, ci dice di come anche i “nostri” spazi non si possano considerare luoghi liberati. Ci mette di fronte al fatto che la violenza di genere, che si manifesta quotidianamente, non può che essere affrontata in maniera collettiva, proprio così come si consuma. E che lo stupro è un dispositivo di potere che viene usato per opprimere, dunque un atto fascista anche se compiuto da sedicenti compagni antifascisti.
Anche luoghi come il CPA, che si reggono sull’attivismo e la militanza di decine di compagne e compagni, non sono immuni da atteggiamenti sessisti che sono terreno fertile per la violenza. Le contraddizioni che vivono al di fuori del nostro cancello entrano anch’esse nel centro popolare, e come tali vanno affrontate e risolte.
Per questo è essenziale ribadire che la nostra battaglia contro sessismo e omofobia deve vivere trasversalmente in ogni iniziativa che organizziamo, in ogni dibattito che facciamo, perché niente è scontato o definitivo, ma c’è bisogno di vigilare continuamente, di confrontarci ed interrogarci sugli atteggiamenti e le pratiche che, a partire da noi stessi, vanno rifiutate e combattute.
In questo senso crediamo sia importante valorizzare tutte quelle iniziative che, come all’interno del percorso Nonunadimeno, mirano a stimolare e rilanciare il dibattito ed il confronto fra varie realtà nazionali sul tema specifico del sessismo nei movimenti.
Questo significa rafforzare la nostra volontà di incidere nei luoghi dove abbiamo la capacità di farlo e dotarci degli strumenti necessari per essere un esempio del modo in cui concepire e maturare le relazioni sociali e solidaristiche.
Per questo oggi tutta la nostra solidarietà va a Claudia, per quanto accaduto a Parma, così come va ancora una volta alla ragazza violentata alla Fortezza a Firenze. A loro che faticosamente e con coraggio tentano di elaborare la violenza subìta vogliamo dire che non sono sole, far loro sentire tutta la nostra vicinanza. A noi stessi, ai nostri compagni e compagne, ai/alle militanti e a tutti coloro che frequentano il nostro centro popolare continueremo a ripetere che la violenza sessista è inaccettabile, che è sempre violenza quando viene percepita come tale e che per far si che quanto successo non accada più è necessario continuare sviluppare una coscienza e sensibilità antisessista. Fuori e dentro ai nostri spazi.
Centro Popolare Autogestito – Firenze Sud