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Aggiorniamo la memoria; lottiamo contro guerra e repressione

Il 25 Gennaio saremo in piazza per rispondere all’appello lanciato dai GPI.
Saremo in piazza Santissima Annunziata a Firenze alle ore 16.00 così come le altre realtà aderenti alla Rete Liberi/e di Lottare saranno nelle piazze di altre città.

“Aggiornare la memoria” è importante perché la memoria svolge un ruolo fondamentale per giustificare e legittimare, oppure reprimere e criminalizzare, ciò che avviene nell’oggi.
Se pensiamo a ciò che la storiografia ci restituisce come verità storica dei fatti accaduti nel ghetto di Varsavia durante la Seconda Guerra Mondiale ci accorgeremmo che la resistenza alle incursioni naziste contro le deportazioni degli ebrei si era organizzata in modo clandestino, casa per casa, scavando tunnel e cunicoli per colpire truppe e carri armati e poi dileguarsi.
In luogo e in un tempo diverso forme simili di resistenza fanno parte della realtà vissuta a Gaza già prima del 7 Ottobre per compiere azioni di resistenza contro le truppe Israeliane.
Nonostante questa sia una verità storica inconfutabile, secondo l’IHRA affermazioni di questo tipo sono inammissibili perché in alcun modo lo Stato di Israele può essere accomunato al nazismo: questa condotta si configura secondo loro come “antisemitismo”.
Non solo. La Lega ha depositato in parlamento un disegno di legge per recepire queste indicazioni e trasformarle in legge: se il DDL 1004 dovesse diventare legge, un’affermazione come questa potrebbe esser perseguibile penalmente come fosse “incitamento all’odio razziale”.
Ecco che se non “aggiorniamo la memoria” parlare di genocidio contro il popolo palestinese in Italia sarebbe reato.
Lo scontro sulla “memoria” quindi si configura a tutti gli effetti come terreno di lotta politica anche per poter rivendicare la legittimità che la Resistenza palestinese si è conquista nella lotta e che ha portato alla tregua raggiunta con l’accordo di pochi giorni fa.

La tregua non è la fine della guerra. Non è la fine dell’occupazione, e lo vediamo chiaramente con la nuova aggressione in Cisgiordania. Non spetta a noi dire se sia o meno una vittoria, ma sicuramente mostra al mondo che la Resistenza non è stata sconfitta e con essa il popolo palestinese non si è piegato neanche davanti ad un genocidio il cui portato di sofferenza ci è impossibile immaginare.
Israele non ha raggiunto il proprio obiettivo strategico: la sconfitta definitiva delle fazioni della Resistenza oggi invece ancora più unite e radicate a livello popolare tanto da riuscire a mettere in discussione gli “equilibri” prodotti dagli accordi di Oslo.

Le organizzazioni palestinesi infatti erano arrivate vicine alla firma di un accordo di riconciliazione già all’inizio dell’anno scorso durante un incontro a Mosca. Il tentativo era fallito a causa di un colpo di coda dell’ANP. Il dialogo è poi ripreso qualche mese dopo a Pechino: si era così arrivati alla firma di un accordo di riconciliazione.
Questo è stato rotto ancora dall’ANP che, dopo aver cercato di approfittare della caduta della Siria per riguadagnare posizioni nei confronti delle fazioni della Resistenza, ha messo in atto una feroce repressione contro di esse a Jenin, compiacendo l’amministrazione USA e rendendosi complice dell’occupante sionista.
Nonostante ciò, la Resistenza ha inserito nella lista dei prigionieri palestinesi che devono essere liberati dalle carceri israeliani ben 123 militanti di Al-Fatah condannati all’ergastolo: una dimostrazione pratica di unità a fronte della lotta contro un nemico comune.

La tregua raggiunta grazie alla Resistenza lancia un messaggio chiaro all’unità possibile solo rifuggendo ogni particolarismo e opportunismo.
La Resistenza palestinese spazza via ogni retorica sulla fantomatica azione diplomatica delle democrazie occidentali a cui in molti si appellavano come unica possibilità per un “cessate il fuoco”: gli sfruttati possono guadagnarsi un futuro diverso solo attraverso la lotta imponendo rapporti di forza senza i quali ogni mediazione sarà sempre al ribasso.

A noi che viviamo nel centro imperialista, il “democratico occidente”, si impone la responsabilità di praticare la lotta contro lo stesso nemico: la NATO, l’entità sionista e nello specifico lo Stato italiano.
Quest’ultimo gestisce le contraddizioni che l’economia di guerra produce sul fronte interno tra tagli alla spesa pubblica, carovita e aumento delle spese militari attraverso un livello repressivo sempre più alto: il DDL 1660, le zone rosse, il cosiddetto “modello Caivano” ne sono emblema.

“Aggiornare la memoria” vuol dire anche ricordarsi che nella storia solo l’organizzazione degli oppressi nella Resistenza è riuscita a fermare le atrocità della guerra coloniale e imperialista.
Se oggi questa sembra tornare ad essere una prospettiva ineluttabile su scala mondiale, è perché ancora non si è prodotto il superamento della società che ne produce la necessità… come a dire: non si può essere contro la guerra senza essere anticapitalisti!