Luana è morta schiacciata da un macchinario durante il suo turno.
È morta perché chiunque conosca l’ambiente della fabbrica sa bene come agli occhi dei padroni la sicurezza sia solo un costo, che rallenta la produttività e fa calare i profitti, e allora chissenefrega delle protezioni, della manutenzione dei macchinari, delle misure di sicurezza. “E se qualcuno muore, pazienza”, come ci ha detto Confindustria.
Noi non ci stupiamo, perché questa logica è la stessa che a febbraio e marzo scorso, davanti agli ospedali che si riempivano e alla gente che moriva al ritmo di centinaia al giorno, ha fatto sì che le fabbriche rimanessero aperte, contribuendo a diffondere il contagio e a peggiorare la situazione.
È importante però dire che Luana è morta perché di lavoro si muore da sempre, si moriva nel 2019, si è continuato a morire nel 2020 e si muore ora nel 2021, con la differenza che ora che è arrivata la pandemia agli ispettori basta verificare che ci siano mascherine e gel, e tutto il resto può essere bellamente ignorato per salvaguardare i profitti.
Come lavoratori e lavoratrici vogliamo esprimere solidarietà alla famiglia di Luana e di tutte le vittime sul lavoro. Vogliamo anche gridare la nostra condanna all’opportunismo di stampa e sindacati confederali, che si commuovono e si stracciano le vesti davanti alla morte di una giovane madre, ma non fanno nulla quando a morire sono magari operai e operaie migranti dello stesso distretto tessile pratese.
Riteniamo assurdo infatti che gli stessi sindacati confederali che firmano i contratti nazionali e siedono ai tavoli in cui vengono decise le norme di sicurezza ci dicano ora che non si può morire di lavoro, proclamando un ridicolo sciopero di 4 ore ristretto alla sola area di Prato.
Per quanto ci riguarda sono complici dei padroni in questo massacro che anche quest’anno va al ritmo di 2 lavoratori e lavoratrici al giorno.
NON MORIREMO PER I VOSTRI PROFITTI! LAVORARE SÌ, MA SOLO IN SICUREZZA!