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29 Novembre: sciopero generale!

Concentramento alle ore 9.30 sul Ponte alla Carraia.

Venerdì 29 sciopereremo scendendo in piazza, Giovani Palestinesi, lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse.
Lo faremo partendo dal nostro “fronte interno”.
Viviamo in uno Stato in guerra che all’interno della NATO, dall’Ucraina a Israele, continua a soffiare sul fuoco della guerra.

Sono in costante aumento le spese militari a fronte di continui tagli su scuola, sanità e trasporti.
All’aumento generalizzato dei prezzi non corrispondono aumenti in busta paga.
Non esistono forme significative di sostegno al reddito per chi non ha lavoro e quindi un salario.

Basta dare uno sguardo alla manovra finanziaria per capire come il flusso dei finanziamenti viene dirottato sull’industria di guerra: un chiaro segnale di come la risposta alla crisi stia nella guerra. Anche questo è un modo per legare la classe operaia e le sue sorti alla guerra in modo indissolubile ricreando lo stesso ricatto che segna la relazione tra industria e crisi climatica all’interno di questo sistema, che non potrà esser risolta se non con un cambio del modo di produzione nel suo complesso.

Altri segnali però ci dicono molto del futuro che abbiamo davanti.
La rottura del tavolo sul contratto nazionale dei metalmeccanici è uno di questi.
Si potrebbe pensare che uno Stato in guerra sia disposto a concedere livelli di redistribuzione della ricchezza, specialmente verso quei settori di classe che saranno impegnati nella produzione nelle retrovie del fronte.
Si potrebbe presumere che uno Stato in guerra infatti scelga di far passare i meccanismi di arruolamento alla guerra garantendo un miglioramento, anche se pur minimo, delle condizioni di vita dichiarando che la vittoria del nemico potrebbe metterle a rischio.

Evidentemente però non è così.
La classe dominante oggi non è disposta a nessun tipo di concessione… neanche quella delle briciole di cui ci “siamo accontentati” negli anni della concertazione.
L’internazionalizzazione dei capitali, la loro concentrazione e la finanziarizzazione dell’economia seguono un altro tipo di razionalità.

La tenuta dello Stato e l’arruolamento alla guerra non possono quindi che sbilanciarsi ancora di più sul disciplinamento della società tutta, a partire dalle scuole, sull’autoritarismo e sull’aumento dei livelli repressivi che ritroviamo oggi nel DDL 1660 attraverso le logiche della paura, dell’emergenza e del terrorismo di Stato.

Saremo in piazza a dire ai lavoratori e alle lavoratrici che oggi nessuna battaglia particolare o vertenza può avere l’illusione di resistere se non all’interno di un contesto di lotta più complessiva.
Non abbiamo il compito di difendere un patto sociale basato sui presupposti della guerra, ma semmai di romperlo.
Per farlo non si può che passare dalla “rivolta”, sperando che poi, al primo segnale, qualcuno non pensi subito a prender le distanze e dissociarsi…

In quella piazza saremo accompagnati dalle bandiere della Palestina perché da quella lotta di liberazione abbiamo molto da imparare a partire dal coraggio e dalla determinazione di chi è consapevole di scontrarsi con una delle maggiori potenze militari al mondo ma non per questo arretra o desiste mostrando al mondo stesso i suoi punti deboli.
Perché la Resistenza palestinese ci indica anche le responsabilità della NATO e dello Stato italiano nel genocidio e ci chiede cosa noi siamo disposti a fare per smascherare e sabotare la rete di complicità che sostiene il sionismo.
Perché quella rete di complicità e interessi è la stessa che vive pesando sulle nostre spalle, privatizzando il profitto e socializzando le perdite.

Allo stesso modo, nella piazza del 30 Novembre a Roma, la piazza del sostegno alla Resistenza palestinese e libanese, porteremo le rivendicazioni della piazza dei lavoratori e delle lavoratrici contro la repressione e lo sfruttamento.

Anche noi abbiamo davanti un nemico più forte e meglio organizzato di noi, capace di penetrare a fondo e corrompere settori di classe importanti attraverso la retorica populista e razzista, ma non per questo dobbiamo crederlo invincibile e dargli
maggiore forza di quella che già non ha… e con la guerra alle porte questa sarà sempre meno una scelta e sempre più una necessità per tutti e tutte!