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35 anni di Occupazione, 35 anni di CPA Fi-Sud

21 Settembre 2024


Dalle ore 11.00 e fino alle ore 15.00
apertura dei laboratori con attività varie; saranno attivi punti bar e ristoro.

Alle ore 16.00
appuntamento in piazza Bartali per partecipare al corteo convocato dal Comitato NO Comando NATO né a Firenze né altrove.

Alle ore 19.00
ritorno al CPA Fi-Sud con interventi dal palco, banchini informativi, punti bar e punto ristoro.

A partire dalle ore 20.30
concerto con:

  • ROMANTICISMO PERIFERICO
  • BESTIE RARE
  • DISTURBO RESIDUO
  • FISH BONES
  • MALASUERTE FI-SUD

Negli anni abbiamo visto molte aree della nostra città, che avrebbero potuto avere utilità sociale e andare a beneficio della collettività, lasciate all’abbandono. Nel discorso pubblico sono state così messe all’ordine del giorno le questioni del “decoro” e della “riqualificazione”. Attraverso la creazione di una vera e propria retorica della “emergenza degrado” è stato quindi legittimato un piano di svendita e speculazione su quelle stesse aree.

Questo processo di privatizzazione e mercificazione si è accompagnato con la militarizzazione e chiusura dello spazio pubblico, ormai subordinato alle esigenze di profitto e rendita private.

Il CPA rappresenta una risposta pratica a questa tendenza: il CPA si è guadagnato la propria legittimità basandosi esclusivamente sulla propria capacità di tenere sempre insieme la pratica con l’elaborazione politica a partire dalla scelta dell’occupazione.

Nel febbraio del 1989 fu occupata la ex-materna Grifeo di via Villamagna da un gruppo di compagni e compagne del quartiere partendo dalla volontà dichiarata di volersi riprendere in mano un pezzo della propria vita in una società segnata dalla repressione e dal dilagare dell’eroina. Pochi mesi dopo, con un insolito tempismo, l’amministrazione comunale mise sul piatto l’esistenza di un progetto su quello spazio che fino a quel giorno era rimasto chiuso in un cassetto: la creazione di una struttura a sostegno dei disabili.

Andando a vedere le carte il progetto risultò effettivamente di valore sociale, e così furono gli stessi occupanti a liberare i locali alla fine di Agosto.

Il 16 Settembre dell’89, allora, fu occupata l’area ex-Longinotti nel cuore del quartiere, dove l’assemblea del CPA ha avuto la capacità di costruire migliaia di iniziative tra dibattiti politici, momenti di lotta e mobilitazione, concerti e momenti di aggregazione di varia natura in continuità con quanto già realizzato alla ex-Grifeo. Una storia lunga e impossibile da raccontare ma che, secondo chi amministrava la città, avrebbe dovuto interrompersi nel Novembre 2001 quando, dopo una battaglia durata mesi, l’ex-Longinotti fu sgomberata con la mobilitazione di centinaia di agenti per far posto al centro commerciale della COOP.

Molti di noi oggi neanche ricordano come fosse il quartiere prima della costruzione del centro commerciale, ma chiunque invece ne abbia memoria può testimoniare come quella speculazione distrusse una parte del tessuto sociale di Gavinana.

Fu così che il 22 Dicembre del 2001 fu occupata la ex-Don Facibeni, la scuola media di via Villamagna, chiusa anni prima per calo di iscrizioni. Cosa sarebbe stato di quella struttura se non fosse stata occupata dal CPA? Era uno spazio totalmente lasciato al degrado dell’abbandono. L’abbiamo visto ripulendolo dalle boccette di metadone e dalle siringhe che vi abbiamo trovato quando siamo entrati. Sicuramente anche quella struttura un giorno sarebbe rientrata in un qualche piano di riqualificazione regalandola alle logiche speculative di qualche privato.

Così non è stato, ed è rimasta ad uso collettivo solo perché occupata dai compagni e dalle compagne del CPA, dando al quartiere la possibilità di riaprire una parte di parco ed avere nuovamente una sala concerti, una mensa popolare, una libreria, un centro di documentazione, un cinema, un teatro, una sala prove e una palestra totalmente autogestite, ricostruite negli anni dopo esser state distrutte a seguito dello sgombero della ex-Longinotti.

La scelta dell’occupazione è un fatto politico.

Affrontarla in termini legali, cercando di ricondurla alla contrapposizione tra “degrado e decoro” è un modo per svilire il suo valore e la sua forza politica. In ogni caso, se proprio dobbiamo entrare nel merito del tema, vogliamo liquidare i nostri detrattori con una battuta: noi abbiamo il coraggio e anche la possibilità di rivendicarci l’occupazione perché sta all’interno di un processo di legittimità popolare. Loro invece possono rivendicarsi le truffe, le tangenti, le collusioni con organizzazioni mafiose e neofasciste, il voto di scambio, i disastri ambientali o le stragi di cui sono responsabili? No, non possono! Le loro strutture altrimenti si scioglierebbero come neve al sole, perché la legittimità popolare si scontra con la loro vera essenza e sarebbero costretti a smettere di vendere fumo da mestieranti della politica mentre continuano a distruggere sanità, scuola e trasporti per fare affari e guadagni privati.

L’occupazione e la pratica dell’autogestione consentono al CPA una forma organizzativa che ruota interamente attorno all’assemblea del Martedì come momento aperto e orizzontale, senza l’assegnazione di ruoli formali che tendono a stratificare le responsabilità, come ambito di discussione complessiva e di sintesi rispetto a tutte le attività che si svolgono al Centro Popolare e a cui il CPA prende parte.

Il CPA è una realtà che può esistere e continuerà a esistere solo nelle forme organizzative che si è dato fino ad oggi. Non potrebbe essere altrimenti. Altrimenti non sarebbe più il CPA, e quindi non sarebbe affatto. Per questo abbiamo sempre rifiutato ogni forma di normalizzazione che passasse attraverso l’assegnazione dello spazio.

Fare un passaggio simile significherebbe snaturare e far smettere di funzionare ciò che invece oggi sta funzionando “perfettamente” nelle sue mille imperfezioni. Ogni proposta che sia andata o dovesse andare in questa direzione non sarebbe altro che strumentale per portare un attacco politico al CPA. La riappropriazione di uno spazio non solo corrisponde alla difesa del quartiere da logiche speculative, ma rappresenta anche un momento di riappropriazione di “salario indiretto”: tutto ciò che ci viene prelevato in busta paga e paghiamo in tasse non trova infatti alcuna corrispondenza in termini sociali e in ciò che questa società ci offre.

Viviamo in una città in cui sono state sperimentate per ordinanza comunale le “zone rosse” e la possibilità di sostare in una piazza solo esibendo lo scontrino di consumazione in uno dei locali che si affacciano su di essa. Il nostro tempo libero è anch’esso messo a profitto e quindi la tendenza è quella alla preclusione e alla chiusura di spazi e relazioni sociali per coloro che hanno meno disponibilità economica nella giostra della città del guadagno.

L’occupazione è l’azione che ci permette ancora oggi di contrastare questa tendenza. Il CPA, infatti, rappresenta una possibilità di poter scegliere una socialità slegata dalle logiche consumistiche, soprattutto per quei lavoratori e disoccupati che non riescono ad arrivare alla fine del mese, oppure per tutti gli studenti che vivendo in quelle stesse famiglie hanno meno soldi in tasca.

Per questo, nonostante l’aumento generalizzato dei prezzi, ancora oggi manteniamo invariati i contributi per prendere parte a cene e concerti. Tutto ciò nonostante le spese per il mantenimento della struttura ricadano interamente sull’azione di autofinanziamento che facciamo proprio attraverso quelle attività. Nessuna spesa per il CPA ricade sulla collettività.

Riteniamo che il CPA non possa e non debba essere definito uno “spazio liberato” e che nessuno, neanche militanti e attivisti, possano considerarsi “liberi”. Tutte e tutti viviamo in questa società, ne respiriamo le contraddizioni e la brutalizzazione delle forme di relazione a cui ci spinge: competizione, individualismo, egoismo, misoginia e razzismo. Nessuno è immune da esse e non lo è neanche il CPA.

Pensare il contrario significherebbe produrre un’astrazione dalla realtà che ci impedirebbe di agire all’interno delle innumerevoli contraddizioni prodotte da questo sistema con la prospettiva di continuare a lottare a partire dai nostri quartieri, dalle scuole e fino ai posti di lavoro, per costruire una società che superi le logiche di disuguaglianza, sfruttamento, repressione e guerra.

L’occupazione, l’autogestione e quindi il CPA non sono per noi un fine ma il mezzo per un fine molto più alto. Il CPA è uno strumento collettivo attraverso il quale cerchiamo di riempire la nostra “cassetta degli attrezzi” per rompere le gabbie che questa società ci costruisce attorno.