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A fianco della Resistenza del PKK-PYD

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DALLA NOSTRA STESSA PARTE

Da oltre 45 giorni a Kobane, territorio del Rojava, Kurdistan del sud, si sta combattendo una battaglia per il controllo della città e del confine tra Siria e Turchia, in un contesto generale di profondi conflitti e di una guerra più o meno aperta. Uno stato di guerra mondiale che tocca anche le porte della “nostra” Europa, guerra di cui sono principali azionisti le forze imperialiste dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, ma che vede molteplici attori, regionali ed internazionali coinvolti, in un continuo mutamento di scenari ed equilibri.

Nell’area mediterranea e medio orientale cercano di affermarsi gli interessi delle borghesie arabe islamiche e gli interessi delle potenze imperialiste, a volte coincidenti, a volte confliggenti, in un continuo gioco di ruoli in cui a rimetterci è sempre il proletariato arabo e medio orientale, stretto tra il confessionalismo ed i servi del capitale. A difendere la città di Kobane, e tutto il territorio liberato del Rojava, sono le forze del PKK-PYD, della sinistra rivoluzionaria curda, alla guida di un movimento popolare che da oltre due anni trova nell’autogoverno dei Cantoni del Rojava una esperienza pratica di lotta, sulla base della proposta di Confederalismo Democratico del PKK. Anticapitalismo, ecologismo, emancipazione di genere e rifiuto della società gerarchica e patriarcale, superamento dello stato-nazione ed abbattimento delle frontiere nazionali, etniche e religiose, sono i punti principali di una proposta realmente di rottura, in un’area geografica i cui confini furono disegnati a tavolino dopo la I guerra mondiale e dove vivono e convivono differenti etnie, religioni e culture; rivolta alle forze kurde e della sinistra rivoluzionaria dell’area medio orientale, ai settori popolari e di classe, a chi, da decenni e più, è incarcerato, sfruttato, represso, siano essi kurdi, arabi, yazidi…. Mentre la guerra e lo scontro militare tra interessi diversi domina lo scenario del medio oriente, e non solo, crediamo che il nostro sostegno debba andare a questa esperienza, e più in generale alle forze della sinistra che agiscono in quei territori, che possono rappresentare nell’area un punto di riferimento determinante rispetto ai mutamenti in corso. E che diventano per noi un interlocutore necessario allo sviluppo di un confronto internazionalista. E questo sostegno non può certo essere genericamente rivolto a tutta la società kurda. Una realtà che, come sempre, si misura con interessi e soggetti politici differenti e antagonisti, come il PDK di Barzani, stretto alleato di Usa ed Israele, e tipico esempio di partito clanistico che vuole perpetuare una società reazionaria, gerarchica, dove gli interessi delle borghesie locali ed internazionali sono protetti e consolidati. Una Resistenza che si lega idealmente a quelle di tanti altri territori, dal Donbass alla Colombia, da Cuba alla Palestina.

Non è un caso del resto che questa esperienza sia uno dei principali obiettivi dell’ISIS, come di diverse forze regionali, prima tra tutte la Turchia, in quanto può realmente rappresentare qualcosa di radicalmente antagonista ad una società chiusa e autoritaria e mettere in discussione i già precari equilibri dell’area. Quell’ISIS, appoggiato, finanziato ed armato fino a ieri dagli Usa, dalla Turchia, dal Qatar e dalla UE in funzione anti Assad e più in generale strumento di controllo religioso ed ideologico per le grandi masse arabe sunnite represse, che rappresenta, insieme alle varie milizie islamiche, Al Nusra e la stessa Fratellanza, una tendenza reazionaria e fascista, ciò che in Europa sono le formazioni neonaziste ucraine o ungheresi, forze naturalmente al servizio del capitale.
La Resistenza di Kobane in questi 40 giorni ha di fatto acuito le contraddizioni tra i principali interessi dell’area, costringendo oggi gli Usa e l’Unione Europea a sostenere, anche se debolmente, le forze del PYD-PKK e mettendo ancora più in difficoltà la posizione della Turchia, stretta tra il sostegno all’ISIS e la volontà di costruire un medio oriente islamizzato sotto Erdogan, ed il proprio ruolo di paese integrato NATO. In funzione anti ISIS in questo quadro di alleanze instabili, Stati Uniti e UE sono costretti ad inviare armi proprio al PKK, organizzazione inserita nelle liste nere delle organizzazioni terroriste. La Black List è uno strumento, prodotto di USA e UE, che contraddistingue le politiche antiterrorismo, ulteriormente inasprite dopo l’11 settembre e che ha determinato il riadeguamento della legislazione dei singoli stati alle indicazioni internazionali, prevedendo un inasprimento delle pene, per coloro che sostengono, anche economicamente, le organizzazioni definite terroriste. In Italia è il caso dei vari adeguamenti dell’art. 270 fino a prevedere il reato di sostegno alle organizzazioni della lista. Nella pratica vediamo il tentativo di impedire ai kurdi di dare sostegno al PKK, abbiamo visto gli arresti dei suoi militanti anche in Europa, così come in Italia, dove decine di militanti sono sotto inchiesta e l’intera comunità kurda sotto pressione. Ciò vuol dire di fatto impossibilità di pratiche di solidarietà e confronto, prevedendo la possibilità di andare a colpire tutta la solidarietà internazionale rispetto al PKK o al Fronte Popolare Palestinese, o alle FARC o…Sostenere la campagna per la messa fuori dalla lista nera, e diremmo anche della sua abolizione, del PKK diventa quindi parte necessaria di un più generale processo di confronto e mutuo sostegno internazionale con le forze della sinistra in tutto il mondo.
Sappiamo infatti chi è dalla NOSTRA STESSA PARTE: sono le forze della sinistra popolare e rivoluzionaria, le donne e gli uomini che resistono a Kobane, le donne e gli uomini sulle montagne del Kurdistan, che scendono in piazza a decine di migliaia in tutto il mondo per sostenere Kobane, che hanno occupato aeroporti, sedi diplomatiche e parlamentari, che hanno fatto scontri e sono morti nelle strade delle città turche e curde, che sventolano con orgoglio la bandiera del presidente Ocalan. E’ tempo di lanciare una vera campagna contro la guerra che trovi nel sostegno alla resistenza del Rojava e delle forze della sinistra curda, un elemento di crescita e di prospettiva.
Manifestiamo il 1 novembre in tutta Europa e nel mondo e portiamo avanti il sostegno alla Resistenza di Kobane, perché il PKK sia tolto dalla lista delle organizzazioni illegali stilata da USA e UE, ed abbia finalmente agibilità politica nei nostri paesi, per chiedere con forza la liberazione di Abdullah Ocalan, dal 1999 in isolamento nell’isola di Imrali in Turchia, e di tutti i prigionieri politici

SABATO 1 Novembre ore 14.30 Piazza Santa Maria Novella MANIFESTAZIONE REGIONALE a SOSTEGNO della RESISTENZA di KOBANE e del ROJAVA