Il 28 settembre è la giornata di mobilitazione internazionale per l’aborto libero, gratuito e sicuro. Questa iniziativa non nasce da scelte istituzionali, ma deriva da una prima volontà delle donne argentine, che da1 990 hanno cominciato a reclamare a gran voce i propri diritti, e che negli anni si è estesa ad almeno 115 paesi.
Il movimento Non Una di Meno in Italia, ha fatto propria questa proposta lanciando una giornata di mobilitazione nei vari territori.
In Argentina le campagne di mobilitazione sono riuscite a generare sempre più consenso sociale intorno al diritto di aborto, sebbene questo continui ad essere illegale salvo nei casi di stupro, abuso di donna incapace e pericolo di salute della donna gestante. Sempre che essi siano “comprovati” da una corte di giudizio..
Nel mondo ogni anno 41 milioni di adolescenti portano a termine una gravidanza indesiderata o conseguente a uno stupro; 21,6 milioni di donne ricorrono alla pratica dell’aborto non legale, e quindi non sicuro. Di queste, 18,5 milioni risiedono nei paesi sviluppati; il risultato è che ogni anno 47mila donne muoiono per complicazioni legate all’aborto clandestino. Questi decessi costituiscono circa il 13% della mortalità (Fonte WHO World Health Organization).
L’aborto in Europa è regolato dalle leggi di ogni singolo Stato. E’ proibito a Malta e soggetto a condizioni rigorose in Irlanda, Ungheria e Polonia, ma anche quando è legalmente riconosciuto, continua ad essere impedito o complicato a causa della clausola di obiezione di coscienza del personale (Italia), della mancanza di adeguate strutture ospedaliere (Grecia, Baviera), della mancanza di personale e dell’eliminazione dalle strutture ospedaliere dei centri dove effettuarlo (Francia).
In Italia, sebbene l’aborto sia formalmente garantito dalla legge 194, il 70,7% delle e dei ginecologhe/i ed il 48,8% delle e degli anestesiste/i sono obiettrici e obiettori di coscienza (fonte Ministero salute), il 40% degli ospedali non offre un servizio per l’interruzione volontaria di gravidanza, mentre il Ministero della salute afferma che “su base regionale e, per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, anche su base sub-regionale, non emergono criticità nei servizi di IVG”, valutando però la presenza dei servizi su base statistica e non su base territoriale (Fonte Ministero salute); con una percentuale del 15%, siamo all”ultimo posto in Europa per l’utilizzo dell’aborto farmacologico (Ru486) nel caso di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) (Francia 57%, Inghilterra 60%, Portogallo 65%, Finlandia 98%, Svezia 90%, ) (Fonti: Ministero salute, Associazione Luca Coscioni); 13 miliardi di euro vengono spesi ogni anno per pratiche sanitarie inappropriate (Fonte Ministero salute), come quella del ricovero ospedaliero di 3 giorni richiesto (Italia unico paese in Europa) per la somministrazione del farmaco abortivo Ru486; Oltre a ciò, è ignoto il numero di richieste di aborto, perché il dato non viene registrato.
Questi dati che ci confermano la necessità di lottare e mobilitarsi per l’autodeterminazione, per l’accesso all’aborto libero, gratuito e garantito; contro l’obiezione di coscienza, per la libertà di scelta e per il diritto alla salute.
La rivendicazione del diritto alla salute sessuale e riproduttiva si deve inoltre inserire nel contesto più ampio della libertà da ogni forma di violenza di genere e di violenza maschile sulle donne.
Con le manifestazioni del 28 settembre, giornata internazionale dell’aborto libero, sicuro e gratuito, intendiamo denunciare l’alto tasso di obiezione di coscienza che lede nei fatti il diritto di aborto in Italia; per questo vogliamo la sua cancellazione dal Servizio Sanitario Nazionale. Ricordiamo che l’obiezione di coscienza è una delle tante forme di violenza agita sulle donne, e che di fatto alimenta l’humus culturale che si scandalizza per femminicidi e violenze sessuali mentre ignora deliberatamente quanto la violenza maschile sulle donne sia un elemento strutturale e trasversale della società; denunciamo inoltre la strumentalizzazione della violenza sulle donne e le campagne mediatiche che vengono costruite sui singoli episodi, e che portano a sostenere che il carabiniere che stupra è una “mela marcia”, mentre lo straniero che stupra è “il classico esempio della sua categoria”.
Mentre si alimenta lo scontro tra civiltà, si ignora che la violenza sulle donne si esercita in ogni dimensione del vivere comune, a partire proprio dalle famiglie. Il 62,7% degli stupri, infatti, è commesso da un partner attuale o da un ex, solo il 4,6% commesso da estranei (Fonte Istat).
Nelle aule dei tribunali durante i processi per stupro le donne diventano imputate, nelle corsie degli ospedali l’alta concentrazione di obiettori ci impediscono di scegliere quando e come diventare madri ed è questa la retorica che pone la donna come soggetto fragile e inferiore; ponendola davanti al ricatto della paura, che vuole le strade delle nostre città infestate da predatori, da cui ci si può difendere solo rinunciando alla libertà di muoversi e al prezzo di una diffusa militarizzazione e videosorveglianza.
Razzismo e sessismo giocano sui corpi delle donne, migranti e non, e noi rifiutiamo ogni forma di strumentalizzazione.
Il 28 di Settembre, e tutto il resto dell’anno, dall’Argentina alla Polonia, dal Venezuela all’Italia, ribadiamo tutte e tutti che l’aborto deve essere ovunque legalizzato, garantito e sicuro, un diritto per le donne di tutti i paesi.
Compagne e compagni del CPA Fi*Sud