“Mostro, scrissero i giornali, e la sentenza: bandito. Poi l’ergastolo e la cartella biografica su cui i carcerieri tutt’oggi scrivono: sobillatore sovversivo rivoltoso nappista brigatista terrorista irrecuperabile Mi pareva di aver percorso tutto l’arco della trasgressione. Non è così. Di recente hanno coniato un’altra categoria: irriducibile, e il carceriere ha dato una triplice mandata al blindato della mia cella.”
Gli anni nei quali è stato scritto il testo dell’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario sono quelli di confine tra l'”emergenza terrorismo” e l'”emergenza mafia – criminalità organizzata”. Si colloca dunque tra quelle misure emergenziali – con conseguenti etichettature e campagne mediatiche – di cui lo Stato si serve ciclicamente per fare sviluppare ulteriori salti in avanti alla propria struttura repressiva e più in generale a tutto l’apparato controrivoluzionario tramite meccanismi di legittimazione del consenso con l’ottica, nell’attuale fase, di aumentare le proprie capacità di gestione del potere in un contesto di crisi e guerra permanente intriso da profonde contraddizioni.
Il tentativo di criminalizzare le lotte, ovvero il tentativo di isolarle e ghettizzarle politicamente, corrisponde strettamente alla criminalizzazione di quelle che sono le risposte rispetto alle contraddizioni che si sviluppano nel sistema; chiunque non vada ad accettare le gerarchie che dominano all’interno di questa società conosce bene quali siano i meccanismi della cultura e del potere borghese, un potere che riesce a collocare l’incompatibilità solo nella cornice della malattia, della galera, del manicomio.
Un potere che tenta di applicare a tutti gli ambiti della società il meccanismo del “setaccio” con cui dividere, a seconda delle compatibilità con il sistema capitalistico, i buoni dai cattivi, quelli che si possono “recuperare” e quelli che si devono annientare; meccanismo ad uso e consumo della controparte, applicato nel mondo del lavoro e nel territorio attraverso una modulazione di interventi e misure repressive con la logica dell’integrazione o dell’esclusione.
Accettare i meccanismi divisori del potere, non combattere contro l’isolamento politico e carcerario, sarebbe un errore tanto quanto accettare lo sfruttamento e le sue gerarchie, tanto quanto la rassegnazione e l’accettazione del male di questo Sistema.
Lottare contro la repressione significa comprendere i meccanismi su cui essa fa leva per metterci a tacere e isolarci, innescare divisioni e percorsi de-solidaristici, non prestare il fianco alle divisioni tra buoni e cattivi ed alle dissociazioni che sempre con più frequenza vediamo riaffiorare oggi.
41 Bis, AS, OPG,REMS, Ergastolo ostativo o meno, Cie, differenziazione, sono per noi strumenti di tortura, mezzi di coercizione e di pressione violenta. Riteniamo quindi che sia importante coglierne lo sviluppo e ricostruire le forme che lo stato è in grado di attuare nei confronti dei comportamenti incompatibili.
Perché la violenza permanentemente esercitata dalla controparte non è riuscita né riuscirà a separare i cuori di chi lotta contro un sistema fondato sul dominio e sullo sfruttamento.
Dalle ore 17.30 iniziativa e dibattito su 41bis e isolamento!
Presentazione del libro “Le cayenne italiane. Pianosa, Asinara: il regime di 41bis”
Parteciperanno l’Associazione Liberarsi, Pagine Contro la Tortura e familiari dei prigionieri politici.
Ore 21:00 cena sociale
Ore 23:00 Murubutu in concerto
La giornata sarà benefit per le spese legali degli 86 compagni imputati nel processo contro il movimento fiorentino!