Siamo realtà cittadine che si riconoscono nella pratica dell’antifascismo militante e nei valori della Resistenza Antifascista quali lotta di classe, internazionalismo e solidarietà. Sentiamo la necessità di rilanciare momenti di solidarietà e lotta che tengano insieme un punto di vista complessivo del nemico che abbiamo di fronte.
Il 18 giugno saremo nella piazza del Pride. La notte tra il 27 e il 28 giungo del 1969 nel locale gay Stonewall di New York i frequentatori, stanchi delle ripetute intimidazioni e controlli della polizia, si ribellarono dando vita a degli scontri e una rivolta che andò avanti per giorni. Il Pride nasce quindi come momento di lotta e rivendicazione e negli anni ha subito il tentativo di pacificazione e normalizzazione. E’ una pratica abituale delle istituzioni democratiche cercare di cooptare all’interno delle proprie fila tutte quelle esperienze che possono rappresentare elementi di rottura. L’abbiamo visto ad esempio nella logica concertazione, con i sindacati più attenti al rapporto con il padronato che non ai bisogni dei lavoratori, o nel rapporto con le comunità di migranti che oggi troppo spesso tacciono di fronte alle speculazioni che vengono fatte sulla pelle di chi arriva sulle “nostre” coste o più di recente con il tentativo di inserire una componente del movimento contro l’inceneritore negli organi di controllo sulle emissioni. Il Pride, sta subendo lo stesso processo, laddove perde la sua carica di mobilitazione lasciando spazio alla sua mercificazione in cambio di finanziamenti e patrocini prestandosi ad un gioco che va ben oltre. Il PD infatti sta utilizzando proprio questo ambito (vedi legge Cirinnà) per rifarsi la faccia concedendo briciole sul piano dei cosiddetti diritti civili mentre ci toglie lavoro, salario, servizi, salute, e ci colpisce sul piano repressivo. In parte quel che Israele fa dichiarando Tel Aviv “Capitale Gay” mentre massacra i palestinesi. Non caschiamoci!
Dall’altra parte poi ci sono i fascisti. Essi si presentano come movimento organizzato per raccogliere i consensi delle spinte più reazionarie in specifici contesti: decoro e legalità, immigrazione e famiglia tradizionale. La loro volontà di catturare voti e simpatie ben si accompagna all’esigenza istituzionale di controllare e reprimere tutti gli “incompatibili” che continuano a lottare e non si lasciano cooptare nei percorsi di normalizzazione di cui parlavamo prima. Il capitale ha bisogno di imporre le sue regole di controllarci e di uniformarci: a tale scopo legittima e si serve di gruppi di fascisti che a braccetto con fondamentalisti cattolici diffondono odio contro tutti coloro che minano il sistema eteronormato e della cosiddetta famiglia tradizionale e “naturale”.
Se all’interno dei confini della Fortezza Europea la tendenza reazionaria si lega all’integralismo cattolico, al di fuori di essi con quello islamico ben rappresentato dall’ISIS. Meccanismi usati strumentalmente nel dibattito a seguito della strage omofoba di Orlando. Il fascismo è il frutto di un sistema che con ogni mezzo necessario vuole impedire lo sviluppo di movimenti di liberazione ed emancipazione: per noi non può esistere liberazione vera senza la rottura con il sistema capitalista e con tutto ció che esso produce in termini politici e culturali. Quello che stiamo dicendo trova riprova in Kurdistan laddove le strutture politiche e militari del Pkk stanno portando avanti una coraggiosa lotta contro l’ISIS e le potenze imperialiste che si accompagno a percorsi di emancipazione femminile, contro il patriarcato e le differenze di genere. Questo lo vediamo ovunque la sinistra rivoluzionaria sta esercitando egemonia e potere accompagnando la lotta anticapitalista alla rottura degli schemi che questo sistema crea, rafforza e definisce “naturali”. Rivendichiamo la libertà di Autodeterminazione e rifiutiamo che qualcuno possa dirci da chi e come debba esser formata una famiglia e le definizioni dentro le quali vorrebbero racchiudere le identità di genere e le preferenze sessuali.
Saremo in piazza il 18 giugno all’interno del Pride per riaffermare che la lotta è l’unica via per una reale liberazione e che la solidarietà è un elemento imprescindibile. Lotta, perché sia chiaro che non abbiamo niente da supplicare o elemosinare e ciò che otterremo sarà solo il risultato di ciò che conquisteremo con la mobilitazione. Solidarietà perché le discriminazioni contro gay, lesbiche e trans non sono una affare solo di chi le vive sulla propria pelle, così come il maschilismo e il patriarcato non possono riguardare solo le donne ma tutti coloro che lottano per una società diversa: lo stesso lo diciamo quando ci dividono in precari e garantiti sul lavoro, italiani e immigrati o “buoni” e “cattivi” quando si parla di repressione. Rimettiamo al centro il conflitto di classe per un modello di società che superi il razzismo, l’omolesbotransfobia, la guerra, sfruttamento e le disuguaglianze attraverso l’unione delle lotte per un mondo senza sfruttati e sfruttatori, oppressi e oppressori, dove sia possibile liberare e vivere i nostri corpi e i nostri desideri, le nostre sessualità, lontano da untori e padri padroni, dunque senza più fascismo e fascisti.
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