“Tutti vedono la violenza del fiume in piena, nessuno quella degli argini che lo costringono.”
Partiamo dal dato su cui giornali e TG si stanno già concentrando: gli scontri.
I fatti avvenuti sono la naturale conseguenza di una giornata in cui migliaia di persone sono state costrette a provocazioni, fermi e intimidazioni.
Una giornata durante la quale sono state compresse in una piazza senza vie d’uscita se non in fila indiana tra scudi e manganelli.
Vorremo poi segnalare anche le aggressioni che dopo la fine della manifestazione hanno visto sia la polizia, sia gruppi di sionisti, che alla stazione Ostiense e sul lungo Tevere hanno picchiato manifestanti inermi di ritorno dal corteo.
Se qualcuno ha scelto di restituirgli una piccola dose della loro violenza non saremo certo noi a biasimarlo.
La nostra solidarietà ai compagni feriti e fermati, in particolare a Tiziano che lunedì sarà processato per direttissima.
Crediamo però che la lente attraverso cui leggere la giornata debba essere complessiva.
La questura di Roma ha imposto il divieto politico della piazza facendo seguito alle dichiarazioni del Viminale.
Gli organizzatori hanno deciso di mantenere ugualmente la piazza davanti ad una situazione in cui lo stesso governo italiano è impegnato direttamente nella missione Aspides nel Mar Rosso e con centinaia i militari nel sud del Libano rivendicando il “diritto di Israele a difendersi”… tutto questo nonostante il genocidio, i bombardamenti a tappeto, il terrorismo di stato e gli omicidi politici pianificati dal sionismo.
Davanti all’appello di scendere in piazza a Roma nonostante il divieto la risposta a livello nazionale ha tenuto.
Il Viminale aveva promesso controlli intensivi, a cerchi concentrici da piazzale Ostiense fino ai caselli autostradali, alle statali che portano a Roma e alle nelle stazioni.
I controlli c’erano, ma non sono riusciti a fermare tutte le migliaia di persone che si sono dirette a Roma.
Alcuni pullman sono stati però bloccati e respinti, così come altri compagni sono stati rastrellati su Flixbus e portati in Questura.
A coloro che avevano “precedenti penali” è stato notificato il foglio di via da Roma in modo del tutto arbitrario.
Sin dal mattino la Questura si è resa conto che i controlli erano però inefficaci e si è vista costretta a concedere il concentramento a piazzale Ostiense che dopo alcune ore si è trasformato in corteo.
Crediamo che il dato sia questo: prima il presidio e poi il breve corteo sono stati strappati, macchina dopo macchina, pullman dopo pullman, persona dopo persona che convergendo su piazzale Ostiense hanno chiarito l’insubordinazione ai divieti che erano stati imposti.
Alla fine a piazzale Ostiense c’erano 10.000 persone, e tutti sappiamo che il numero sarebbe stato molto più alto se attorno a questo corteo non fosse stato creato il clima prodotto dal divieto.
Mentre noi facciamo e faremo le nostre valutazioni, la controparte farà le proprie.
Queste si accompagnano all’approvazione in Senato del DDL 1660, che verrà legittimata e dichiarata ancora più urgente sulla base del sensazionalismo che creeranno proprio attorno agli scontri. Questi sono giochetti di bassa lega a cui abbiamo assistito già mille altre volte e che quindi dovremmo già conoscere per non caderci ancora una volta.
Lanciamo quindi l’appello a non farci dividere in “buoni e cattivi”, a non cadere nei meccanismi divisivi della dissociazione.
La responsabilità delle nuove strette repressive viaggia di pari passo con lo Stato di guerra in cui viviamo.
La responsabilità dello Stato di guerra e delle strette repressive sta solamente in capo alla classe dominante, che riversa su tutti noi la violenza necessaria per pacificare il fronte interno per meglio condurre la guerra sul fronte esterno.
La giustizia, quella vera, non quella che ci restituiscono divise e tribunali, sempre meno corrisponderà alla legalità della guerra.
Continuiamo a lottare e ad essere punto di riferimento per tutti i lavoratori e studenti che in numero sempre maggiore saranno in piazza per opporsi allo Stato di guerra imposto dall’imperialismo NATO.